04 maggio 2010

Se il tricolore diventa carta igienica

di Chiara Paolin

Un assessore leghista iscritta a un gruppo su Facebook: la bandiera mi dà fastidio

"Il tricolore non lo vorrei vedere nemmeno in bagno". Detto così, sembrerebbe un neologismo da adolescenti. Che sarà il trico? Una nuova lacca per capelli? Barbara Mingardi non è una ragazzina. Fa l’assessore ai Servizi sociali al comune di Malnate, provincia di Varese, e sulla pagina facebook "Io il tricolore lo uso così", accanto a un rotolo di carta igienica inequivocabilmente verde, bianca e rossa, ha comunicato ai confratelli anti bandiera tutta la sua disaffezione per il simbolo più alto della patria: il trico, per l’appunto. Assessore, ma che l’è venuto in mente? "Guardi, mio nonno era maresciallo dei carabinieri, ma non credo di aver offeso proprio nessuno. Tra noi leghisti ne diciamo ben di peggio, le assicuro. Sono chiacchiere da bar, discorsi magari un po’ villani, però genuini. Potevo esprimermi meglio, stare più attenta a ciò che lascio scritto in giro, visto che ho un ruolo pubblico. Ma che ci devo fare se a me la bandiera mi dà fastidio?".

In consiglio comunale le frasi della Mingardi hanno scatenato il putiferio. Il sindaco Sandro Damiani, lista civica appoggiata dal centrodestra, sta tentando di smorzare i toni. Dice che non condivide le espressioni usate dall’assessore ma rivendica per lei - ottimo elemento in giunta - la massima libertà d’espressione. I consiglieri d’opposizione hanno invece chiesto le dimissioni e pure l’avvio di indagini per vilipendio della bandiera nazionale. La Mingardi si fa una risata: "Questi del Pd sono davvero incredibili. Si riempiono la bocca di valori e diritti da mattina a sera, poi invocano pratiche fasciste come il divieto della libertà d’opinione. Da giovane stavo a sinistra anch’io. Anzi, all’estrema sinistra. Poi sono passata ai socialisti, ma a un certo punto ho avuto una crisi: le stragi di Stato, Tangentopoli, le ruberie trasversali di tutti i partiti, un disastro. Quando è arrivato l’Umberto ho cominciato a respirare, ho sentito finalmente qualcuno dire le cose in modo chiaro".

Effettivamente anche Bossi ha avuto modo di omaggiare il tricolore dichiarando che andava benissimo per 'pulircisi il culo'. Un errore tattico, secondo l’assessore Mingardi: "E’ chiaro che durante una celebrazione ufficiale non si può dire una cosa del genere. Io quando devo fare i matrimoni o festeggiare il 25 aprile mi becco l’inno di Mameli in silenzio, con la mia bella fascia indosso. Ma in una conversazione on-line potrò ben affermare ciò in cui credo: voglio un’Italia diversa, non quella che ci inculcano con la mistica della patria".

Una posizione non facile da portare avanti se i colleghi di maggioranza si chiamano Fini e La Russa. E se il potere comincia a mettere a dura prova anche il più integro valore padano: "Tutta la polemica sull’Unità d’Italia non ha senso. Non mi palpiterà il cuore quel giorno, e come a me tanta altra gente: tutto qua. Mi viene il magone quando vedo in autostrada il cartello 'Lombardia', questo sì. Pazienza per chi si annega di retorica, noi della Lega la vediamo diversamente. Perché siamo diversi. Mi voglio fidare di quelle persone che ho visto lavorare a mani nude al progetto di un Paese giusto: Maroni, Bossi. E staremo attenti a non cambiare. Per esempio le polemiche su Renzo io le capisco. Prima in Ue con un gran bel stipendio, adesso messo lì in Regione, senza dubbio è stato favorito dal cognome. Lo conosco da quand’era bambino: è un buono. Ha avuto un po’ di problemi, adesso deve dimostrare che cosa sa fare. Sennò lo criticheremo". Dal trico al trota il passo è breve.

Da il Fatto Quotidiano del 4 maggio

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