25 febbraio 2010

Google: perdono tutti


Ieri tre manager di ‘Google’ sono stati condannati per non aver rimosso un video riguardante dei maltrattamenti inflitti ad un ragazzo affetto da sindrome di Down e pubblicato sulla piattaforma di You Tube.

Il 28 novembre 2009 avevo espresso loro, in occasione della richiesta di condanna da parte della Procura di Milano, la mia solidarietà (leggi l'articolo), oggi torno a farlo poiché sono stati condannati a sei mesi di reclusione con la condizionale. La condanna penale è arrivata anche se i legali della vittima hanno ritirato la querela, mentre gli imputati sono stati assolti in ambito civile dall’accusa di diffamazione, causa intentata dal comune di Milano e dall'associazione ‘ViviDown’ che si erano costituite come parte civile.

Ieri, con questa triplice condanna alla libertà della Rete, hanno perso tutti.
Per comprendere il senso della sentenza basterebbe un esempio: è come se si accusasse un gestore telefonico per aver consentito una telefonata tra un ricattato e un ricattatore.

Il ragazzo affetto dalla sindrome di Down è stato salvato da You Tube. E chissà, grazie a quel filmato, quanti altri casi sono stati evitati e quanti ne sono cessati. Il comune di Milano avrebbe dovuto invitare a segnalare altre situazioni di abuso.

Internet è uno strumento di ascolto e comprensione di fenomeni sociali che, proprio perché da condannare, sono una realtà che va affrontata e non occultata. Quale messaggio trasmette agli adolescenti l’interpretazione di questo caso?

E che dire, torno a ripetere, di quel sicario della camorra le cui immagini furono trasmesse in televisione e su You Tube, consentendone la cattura da parte delle Forze dell’ordine? Dovremmo aspettarci allora che le emittenti televisive e You Yube possano ricevere, nei prossimi giorni, una denuncia per violazione della privacy da parte dei familiari della vittima o di qualche passante poiché ripresi e mandati in onda nel filmato dell’esecuzione?

I pm milanesi hanno giustificato la sentenza con un laconico: "Con questo processo abbiamo posto un problema serio, ossia la tutela della persona umana che deve prevalere sulla logica d’impresa".

Ritengo che questa sentenza abbia minato la tutela della persona e dei suoi diritti fraintendendo gli eventi ed evidenziando una lacunosità della disciplina in materia.

Mi auguro che la sentenza d’Appello possa stabilire una corretta interpretazione degli avvenimenti.

di Antonio Di Pietro

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