30 marzo 2010

Da Grillo e Lega lezione al Pd: curare gli scontenti più che gli incerti

di Cristian Vaccari, docente di comunicazione politica, Università di Bologna

BOLOGNA- Piazze vuote, urne vuote. Parafrasando Pietro Nenni, i risultati delle elezioni regionali in Emilia-Romagna si potrebbero leggere così. Le uniche due piazze bolognesi che si sono riempite durante la campagna elettorale sono state infatti quella per Beppe Grillo e quella, in parte contenuta nel Paladozza, per Michele Santoro: Silvio Berlusconi solo in un surreale maxischermo, Vasco Errani non pervenuto. Non è allora forse un caso che il voto abbia premiato Giovanni Favia e il Movimento Cinque Stelle, la cui campagna ha mescolato attività tradizionali come banchetti, volantinaggio e, appunto, la piazza (non solo a Bologna, peraltro), con l’utilizzo intelligente delle nuove tecnologie: su Facebook Favia ha quasi il doppio dei sostenitori di Errani, il quadruplo della candidata del PDL Anna Maria Bernini. L’unico partito del centro-sinistra che può sorridere (anche se solo a metà) di fronte ai risultati del voto è l’Italia dei Valori, per cui la kermesse di Santoro è stata, se non una manifestazione di partito, certamente una buona occasione per mettere in mostra i muscoli e mobilitare il suo elettorato su temi che gli stanno a cuore.

Il terzo vincitore del voto emiliano-romagnolo è la Lega Nord, che continua a raccogliere i frutti della sua politica di prossimità, basata sul contatto diretto con i cittadini più che sulla visibilità sui mass media. D’altra parte, il PD non è stato in grado di mobilitare sufficientemente il proprio elettorato e ha subito una perdita di voti consistente in termini percentuali, ma soprattutto assoluti: circa trecentomila voti in meno sia per Errani, sia per il PD rispetto al 2005, anche se il dato va confermato una volta che sarà completato lo scrutinio. Dalle piazze di un partito che in Emilia-Romagna potrebbe aspirare a esprimere la maggioranza assoluta (sfiorata nel 2005 con Uniti nell’Ulivo) appare ancora più significativa alla luce del responso delle urne: un po’ vuote, appunto, come le piazze.

Il risultato del voto in regione ci fornisce quindi un’indicazione piuttosto chiara sulle modalità di costruzione del consenso, in una fase di crescente distacco fra cittadini e politica e in consultazioni “di secondo ordine”, che alcuni elettori ritengono cioè meno rilevanti delle politiche: i voti si conquistano con la mobilitazione dei sostenitori scontenti più che con la persuasione degli incerti e degli equidistanti. Queste persone si considerano vicine a una certa area politica, ma non sono disposte a rivotare a scatola chiusa per il partito o per la coalizione in cui si identificano: devono sentirsi ascoltate, rassicurate, coinvolte in relazioni personali durature e significative: per questo interpretano la presenza sui territori dei dirigenti e dei candidati come un segnale di vicinanza e affidabilità.

Scrivo “territori” perché oggi la politica può incontrare i cittadini in una molteplicità di luoghi: dalle piazze ai bar, da internet ai mass media. Da troppo tempo una parte della classe dirigente regionale e cittadina, a destra ma soprattutto a sinistra, ha abbandonato quasi del tutto i primi tre a favore del quarto. Queste elezioni dimostrano che si tratta di una strategia sbagliata.

Fonte: http://www.dire.it/DIRE-EMILIA-ROMAGNA/vince_chi.php?c=30010&m=14&l=it

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