08 marzo 2010

L’Europa imbarazzata per il bavaglio italiano all’informazione

L’esecutivo europeo fa trapelare insofferenza, e un mese di stop elettorale all’informazione televisiva viene percepito come l’ennesima offesa berlusconiana alla libertà di stampa, che col Trattato di Lisbona – che fa propria la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea – diventa giuridicamente vincolante.

Bruxelles. Ogni volta che il governo e la maggioranza zittiscono l’informazione sale il rumore non appena si varca il confine di Domodossola. La cornice più immediata è quella europea, dove l’Italia ha un passato – quello di uno dei sei paesi fondatori delle Comunità – nonché un presente demografico ed economico – sicché, nonostante la crisi, piaccia o meno rimane tra i paesi “principali” dell’Unione – e questo spiega le titubanze burocratiche rispetto a un’eventuale reazione concreta, ma al contempo non frena lo sconcerto e la correlata marginalizzazione politica del nostro Paese.

Sul tavolo della Commissione si appesantisce il plico delle denunce di violazioni alla libertà di informazione, così come al Consiglio d’Europa a Strasburgo pende un esposto degli ex eurodeputati Lucio Manisco e Giuseppe Di Lello.

L’esecutivo europeo fa trapelare insofferenza, e un mese di stop elettorale all’informazione televisiva viene percepito come l’ennesima offesa berlusconiana alla libertà di stampa, che col Trattato di Lisbona – che fa propria la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea – diventa giuridicamente vincolante.

Di più, il caso italiano viene avvertito come un cavallo di Troia tanto nelle relazioni esterne – vedi le battaglie sulla libertà di informazione in Iran – quanto nelle convulse trattative per imporre un po’ di decenza democratica agli ultimi arrivati nell’Unione e ai paesi candidati.

I vertici politici continentali per il momento evitano commenti espliciti per evitare le consuete reazioni rovinose dei media di Palazzo Chigi – tipo “l’’Europa è anti-italiana” lamentano che “i Trattati non consentono di muoverci in tema di libertà di informazione” – fatto contestato dalla maggioranza dei giuristi europei – e attendono quantomeno un’indicazione dell’europarlamento.

Nei mesi scorsi l’assemblea, con soli tre voti di scarto – e tanto di scandalo per le presunte “pressioni indebite” sul voto decisivo di alcuni deputati moderati aveva bocciato una risoluzione che impegnava la Commissione a legiferare in materia. Ora l’ennesima azione di censura sta mobilitando i parlamentari centristi (a cominciare dai liberali italiani) all’ennesima iniziativa parlamentare, da avviare già alla plenaria della prossima settimana. Una risoluzione parlamentare peraltro giace già, ed è quella votata quasi all’unanimità dall’Europarlamento nel 2004, che auspicava addirittura, contro il conflitto di interessi e le sue conseguenze istituzionali, la sospensione dell’Italia dalle riunioni del Consiglio Europeo, fatto del tutto inedito nella storia continentale.

Bruxelles palesa dunque il suo rinnovato allarme per la tenuta democratica italiana, a causa anzitutto dei bavagli all’informazione, ma non se la sente ancora di esautorare Palazzo Chigi in materia.

Fuori dai protocolli diplomatici parlano le agenzie indipendenti. L’organizzazione americana “Freedom House” ha declassato l’Italia a paese solo “parzialmente libero”, onta concessa in Europa solo alla Turchia. La francese “Reporters Sans Frontières” nell’ultimo anno ha ugualmente retrocesso il nostro paese ai minimi europei, ovvero al quarantanovesimo posto in tema di libertà di informazione.

Il suo vertice, Jean-François Julliard, commenta ora sdegnato: “il silenzio elettorale è una misura pericolosa, inverosimile e assurda”. E ci spiega l’ovvio: “E’ anzitutto missione dell’emittenza pubblica quella di dar voce e permettere il confronto pubblico a tutte le posizioni in campo”.

di Alessandro Cisilin

fonte: www.megachipdue.info


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